Sulla liceità di ricorrere alle cure omeopatiche nel pubblico, quindi, non sembra potersi argomentare alcun dubbio, in particolare nella Regione Toscana dove sono cure inserite da tempo nei LEA e quindi rimborsabili.
È impensabile che questo riconoscimento non sia supportato da una letteratura scientifica, così come sarebbe inverosimile la possibilità di accedere nel SSN a trattamenti non riconosciuti e validati.
Questo modello, già attuato presso centri oncologici internazionali come il Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, è inserito nella Rete Oncologica Regionale.
Si legge nel PDTA citato, che la medicina omeopatica è considerata una terapia sicura. I medicinali omeopatici non sono tossici e presentano effetti avversi minimi, che scompaiono rapidamente con la sospensione del medicinale; inoltre per via della dose minima somministrata, sono adatti anche a donne in gravidanza, neonati e bambini.
Queste affermazioni fatte da organi competenti e da oncologi di altissimo spessore confermano che l’Omeopatia può rappresentare un supporto terapeutico valido anche per malati in condizioni di salute precarie o per soggetti “fragili”.
L’ obiettivo è rafforzare il ruolo pro-attivo della persona, migliorare la salute e la qualità della vita e ridurre gli effetti collaterali della terapia oncologica.
In questo ambito terapeutico l’utente viene a conoscenza che la perdita della salute non riguarda solo fattori biologici o biochimici, ma elementi generali che riguardano il benessere globale dell'individuo, come viene ben indicato nella definizione dell'OMS.
Cosa aspettiamo allora? I ritardi e i mancati riconoscimenti strumentali delle terapeutiche complementari sono ancora potenti e ostacolano grandemente il diritto della popolazione a curarsi in modo appropriato.
Lo stimolo che l’OMS dà per l’ampliamento delle conoscenze e dell’utilizzo delle Medicine Tradizionali e Complementari come l’Omeopatia, nel nostro Paese viene regolarmente ignorato dalle varie istituzioni sanitarie, dalle Università, ai Ministeri ecc. Questo comporta per il cittadino un grave danno non solo sul piano della ottimizzazione delle scelte che determinano la sua salute, ma su quello del diritto ad essere informato.