Lezioni di MATERIA MEDICA – Silicea

lunedì, 29 ottobre 2018 by

ATTENZIONE: le informazioni fornite nel testo non si sostituiscono al parere di un Medico competente in materia di Omeopatia, non vogliono essere suggerimenti per una terapia “fai da te” ma utili spunti di riflessione rivolti a chi desideri approfondire l’argomento o avvicinarsi alla comprensione della Medicina Omeopatica.

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Silicea – la Silice – è un rimedio ampiamente prescritto e noto da molto tempo: la prima sperimentazione omeopatica è stata condotta proprio da Hahnemann, seguita poi nel tempo da altre tre sperimentazioni.

La Silice è una combinazione di Silicio e Ossigeno, i due elementi maggiormente presenti sulla Terra. Si presenta naturalmente nella forma cristallina (quarzo) e amorfa (sabbia). Dalla silice si ricavano sia il vetro sia il cemento.
Troviamo la silice anche nelle diatomee, alghe unicellulari caratterizzate da un rivestimento costituito da silice idrata, molto duro e resistente e finemente scolpito; queste alghe nei tempi hanno costruito immensi depositi a cui le sottilissime particelle silicee conferiscono un grande potere abrasivo. L’elemento Silicio è inoltre un componente estremamente importante della matrice extracellulare (con funzione di sostegno e scambio) e dei microchip per le sue proprietà di semiconduttore.

La funzione chimica e biologica del silicio (sostegno, connessione, scambio nel vetro, nel cemento, nella sabbia ma anche nel tessuto connettivo e nei chip) bene si correla agli organi su cui il rimedio Silicea ha un effetto più frequente (il cosiddetto “tropismo d’organo”): ossa, cartilagini, connettivo, muscoli, articolazioni, cute , mucose, linfonodi, nervi.

Viene utilizzato in moltissime situazioni acute o subacute:

– caduta delle difese immunitarie con riniti, otiti, tonsilliti, sinusiti, bronchiti caratterizzate da secrezioni spesse, gialle, dure, dall’odore di formaggio vecchio, difficili da dislocare;

– ascessi dentali e tonsillari, solitamente freddi, persistenti e poco dolenti, con rigonfiamento delle linfoghiandole e possibili fistolizzazioni, suppurazioni abbondanti;

– infiammazioni con dolori pungenti come da schegge o aghi, soprattutto durante le faringotonsilliti alla deglutizione;

– demineralizzazione tissutale con danni ai tessuti di sostegno, ai connettivi ed al tessuto reticolo endoteliale (artrite, scoliosi, fragilità ossea, rachitismo, esostosi)

Alcuni sintomi vengono descritti come tipici di Silicea: sudorazione acida del cuoio capelluto o dei piedi; intolleranza al latte materno con vomito e diarrea; stipsi a causa del latte artificiale; ritardo di chiusura delle fontanelle; sensazione di spilli in varie parti del corpo, paura degli spilli, talvolta con tonalità ossessive.

In letteratura si descrive un “biotipo Silicea”, cioè un individuo che presenta determinate caratteristiche: può essere un bimbo magro, immunologicamente debole con frequenti infezioni, con sviluppo ritardato o difficoltà di crescita, irritabile, ostinato, timido; oppure un adolescente malaticcio, scoliotico, anemico, muscolarmente debole, acneico, facilmente affaticato dal lavoro fisico e mentale. Da adulto può avere un aspetto magro, fragile, vecchieggiante oppure, in alcuni casi, infantile; freddoloso, triste, è affaticato ed esaurito, rallentato nell’azione e nell’ideazione, indeciso, insicuro.
Spesso si suggerisce la prescrizione di questo rimedio quando si evidenzia la necessità di grinta interiore.

In commercio troviamo diversi rimedi affini: Silicea (che è proprio il biossido di Silicio), Silicicum acidum (acido del Silicio), Silicium metallicum (Silicio puro), Silica terra (ricavato da un terreno sabbioso), Silica marina (ricavata dalla sabbia di mare).

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Testo: dott.ssa Monica Delucchi, Medico Chirurgo, Omeopata, Internista, docente presso Centro Studi La Ruota

Il concetto e la definizione di guarigione è forse uno dei temi più divergenti tra le visioni della Medicina omeopatica e di quella convenzionale. Abbiamo già parlato del problema della soppressione sintomatica quale lettura miope e superficiale, a volte addirittura dannosa, così come ci è stata insegnata e trasmessa nei secoli: vedere sparire un sintomo non è sempre vera guarigione, se non migliora lo stato generale e la cronicità del male.

Proponiamo una bellissima disamina dell’argomento in cui si segnala che, molto spesso, il risultato terapeutico finale è basato solo su parametri sintomatologici di tipo medico-clinico, senza un’adeguata valutazione di quelli psicologici ed “esistenziali”. Sono distinte le situazioni di acuto per le quali, non disponendo di un rimedio generale più simile alla totalità, può venire applicato un rimedio solo sintomatico (che però, secondo alcuni approcci prescrittivi e metodologici, integra comunque il rimedio cosiddetto costituzionale), dalle situazioni invece in cui il rimedio costituzionale è comunque di prima scelta anche in acuto, non valutando necessario né congruo un rimedio diverso da quello di fondo. In altre situazioni, quando invece il rimedio costituzionale non è ancora stato trovato dall’Omeopata, inevitabilmente il medicinale sintomatico lo sostituisce.

Distinguendo la guarigione clinica (quella osservata dalla sparizione sintomatica dei segni di malattia) dalla “guarigione omeopatica” (che si prefigge il risanamento della totalità intima del paziente), si afferma che è solo la Medicina omeopatica che si prefigge il conseguimento di entrambe. Infatti, la risoluzione anche brillante di un’entità nosologica (cioè dei segni di malattia) è un segnale positivo ma non sufficiente a testimoniare la guarigione profonda dell’individuo.
In alcuni malati, i rimedi solo parzialmente simili promuovono brillanti risoluzioni cliniche che però si accompagnano, al contrario, a stati mentali e atteggiamenti comportamentali francamente patologici, precursori di nuovi quadri di malattia. Promuovendo infatti soppressioni sintomatologiche in maniera reiterata nel tempo, grazie a interventi solo parziali e non causali, si possono avere ripercussioni negative sul quadro generale del paziente. Si può persino osservare che, dopo un rimedio più profondo correttamente individualizzato, riemergano spesso, seppur momentaneamente, i sintomi che erano stati soppressi dai trattamenti precedenti.

Pertanto, allo scompenso organico del soggetto deve corrispondere una profonda modificazione del malessere che manifesta: l’Omeopata deve alla fine analizzare non solo il successo clinico, ma anche e soprattutto la profondità del cambiamento intimo promosso nel Paziente. Occorre che anche il malato nella sua totalità sia stato curato profondamente ed è questo che spesso diversifica l’approccio medico omeopatico da quello della medicina ufficiale.

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Testo: dott.ssa Renata Calieri, Farmacista Formatore, direttrice del Dipartimento Farmaceutica Omeopatica FIAMO

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