Il “proving” è la sperimentazione pura del farmaco omeopatico sull’uomo sano, svolta con metodo “induttivo” e “dal concreto all’astratto”, non allo scopo non di dimostrarne l’efficacia ma piuttosto per ottenerne il quadro generale dei sintomi propri del rimedio stesso.

Contrariamente alla sperimentazione allopatica, quella omeopatica considera anche sintomi qualitativi e non solo oggettivi/quantitativi.

Le regole del proving sono chiare e precise: dura circa un mese, viene eseguito in “doppio cieco” o in “triplo cieco”, spesso con la presenza di placebo, su gruppi di volontari sani. Essi devono trovarsi in stato di relativo equilibrio, senza assumere farmaci o altri rimedi omeopatici: alcuni vanno ad assumere il “verum”, ossia la sostanza da studiare (di origine vegetale, minerale o animale), opportunamente dinamizzato, ed altri – senza saperlo – assumono il placebo. Nessuno conosce ciò che si assume, se non il “direttore” del proving.
Oltre al direttore, ci sono generalmente altre figure che partecipano alla sperimentazione, detti “supervisori” (i quali monitorano l’andamento dei sintomi di uno o più sperimentatori volontari) e “coordinatore” (il quale per l’appunto coordina il lavoro dei supervisori e ne rende conto al direttore).

La raccolta dei sintomi relativi al cambiamento dello stato mentale, emozionale e fisico è effettuata per mezzo di appositi diari tenuti dai volontari o provers: ciò permette di “scrivere la materia medica omeopatica” del rimedio sperimentato, oppure di ampliarla o di riconfermarla.    

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Come diceva Hahnemann con l’espressione “similia similibus curentur (“i simili sono curati dai simili”), il medicinale omeopatico studiato con il proving è in grado di curare il ritratto dei sintomi presenti nel singolo malato quando emergono spontaneamente in una condizione di patologia: in pratica, ogni malattia viene curata con rimedi capaci di riprodurne i sintomi caratteristici nell’individuo sano.  

Nel decennio dal 1812 al 1822 Hahnemann e i suoi allievi dell’”Associazione dei Prover” di Lipsia sperimentarono su se stessi fino a quaranta rimedi ciascuno, costruendo così l’Omeopatia e la sua prima “Materia Medica“; altri, dopo di loro, hanno sperimentato con successo altri rimedi, come ad esempio l’appassionato dottor Hering.

Attualmente abbiamo a disposizione la seconda edizione delle “Linee guida per il Proving” redatta dalla LMHI nel 2012, che regolamenta la sperimentazione omeopatica moderna. Molti omeopati contemporanei si stanno impegnando in nuovi e interessanti provings e tra i più attivi in Italia si annoverano ad esempio il Dott. Dominici, il Dott. Mangialavori e le scuole di Omeopatia di Verona, Firenze e Reggio Calabria, mentre tra gli omeopati oltre frontiera si ricordano tra i tanti gli Omeopati Sherr, Scholten, Sankaran e Vithoulkas.

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Testo: dott.ssa Elisa di Curzio, Medico Chirurgo, Omeopata

Proseguendo nella disamina degli aspetti metodologici caratterizzanti la Medicina omeopatica, parliamo oggi di un testo fondamentale per la selezione del rimedio omeopatico più indicato: il Repertorio.

L’analisi di un Paziente si svolge all’interno di una visita medica approfondita, la quale possiede alcuni aspetti tipicamente caratterizzanti. Per l’analisi del caso, l’Omeopata utilizza poi dei testi particolari – costituenti la base della “letteratura omeopatica” – chiamati “Materia Medica” e “Repertorio”.

Per la scelta del rimedio, il Medico omeopata si é servito fin dai primissimi tempi di uno strumento indispensabile, chiamato Repertorio: si tratta di un grosso libro suddiviso in capitoli che raggruppano i “sintomi mentali”, i “sintomi fisici” (raccolti in capitoli diversi a seconda dell’organo o il sistema che li esprime) e i “sintomi generali”. Per l’Omeopatia, ognuno di questi tipi di sintomatologia riveste la stessa importanza, soprattutto se “storico”, ossia presente da molto tempo nella storia clinica del Paziente.

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Il repertorio si apre con il capitolo Mind, un importantissimo capitolo dove ritroviamo sintomi, raccolti in cosiddette “rubriche”, relativi ad emozioni come la tristezza, l’apatia, la rabbia oppure l’allegria, e molto altro. É qui che si declinano i molteplici aspetti del carattere e le illusioni vengono analizzate nel dettaglio; qui si contemplano gli sbalzi di umore, le passioni e le paure (specificate una per una), le ansie e le ossessioni. Qual è l’influenza del mare, del sole, del vento o della pioggia, della musica, della solitudine o della compagnia sullo stato mentale del nostro paziente? Il Mind ce lo racconta.

Esiste poi un capitolo specifico per le donne ed uno per gli uomini. Nel primo ritroviamo sintomi relativi all’apparato genitale, alle mestruazioni ed al parto, alla menopausa, ma anche al desiderio e alle difficoltà sessuali. Nel secondo sono raccolti i sintomi fisici degli organi genitali maschili e i disturbi della sessualità nell’uomo.

Esiste un capitolo per ogni parte del corpo e per la sua funzione. Alle orecchie per esempio si associa l’udito, al retto la defecazione e alla vescica la minzione.
Gli ultimi capitoli del Repertorio descrivono poi i sogni notturni e i tipi di febbre, insieme ai diversi modi di viverla.

Infine, nel gran capitolo Generals sono raccolti i sintomi che appaiono in relazione con l’ambiente in senso generale. È qui che si analizzano per esempio i gusti e le avversioni alimentari, sempre considerati all’interno di una visita medica omeopatica nella loro peculiare manifestazione.

Tutti i sintomi nel Repertorio sono accompagnati da una lista più o meno lunga di rimedi omeopatici che hanno dimostrato un effetto curativo specifico proprio sui sintomi stessi, con un’intensità variabile misurata in “gradi”.
Repertorizzare i sintomi omeopatici significa ricercare i sintomi del caso clinico in studio all’interno del Repertorio ed “incrociare” i rimedi corrispondenti al fine di poterne sceglierne uno, il più adatto per quel Paziente.
La repertorizzazione é una pratica che richiede precisione ed una certa dimestichezza. Spesso é necessario tradurre il sintomo nel linguaggio usato nel Repertorio, che si cominciò a scrivere nel 1800 (quando le parole e le attività della popolazione non erano del tutto uguali alle nostre), oppure in lingua inglese, ma senza alterarne il significato né dandone alcun tipo di interpretazione.

Il Repertorio più utilizzato storicamente é stato quello di James Kent, omeopata di Philadelphia del secolo IXX, che rieditò varie volte la propria opera rendendola più maneggevole e completa.
Attualmente esistono programmi informatici che includono Repertori di diversi Autori e che facilitano enormemente  il lavoro del Medico omeopata. Essi provvedono a fornire in tempo immediato una correlazione automatica tra tutti i sintomi evidenziati dall’Omeopata, generando una griglia contenente una lista di rimedi omeopatici tra i quali selezionare il più adeguato al caso specifico con un’attenta “diagnosi differenziale” tra rimedi – che si va a basare sulla loro “Materia Medica”, da conoscere nel dettaglio.

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Testo: dott.ssa Arianna Bonato, Medico Chirurgo, Omeopata, specialista in Ginecologia e Ostetricia

La “Materia Medica” omeopatica è un testo che raccoglie l’elenco delle medicine utilizzate in omeopatia, con la relativa descrizione delle proprietà cliniche. Potremmo definirla quindi il libro di “Farmacologia Omeopatica”.

La Materia Medica, assieme al Repertorio, costituisce un testo di base per l’Omeopatia classica unicista ed è uno strumento di consultazione quotidiano essenziale ed imprescindibile per il Medico Omeopata, fondamentale per guidare e sostenere la corretta prescrizione omeopatica basata sulla “Legge dei Simili” (“principio di similitudine”).

Esistono due tipi di Materia Medica:

  1. Materia Medica Pura
  2. Materia Medica Clinica

La Materia Medica Pura raccoglie tutti i dati disponibili, al momento della sua compilazione, delle sperimentazioni delle singole sostanze sui soggetti sani che hanno partecipato al cosiddetto “proving”. Quest’ultimo rappresenta la sperimentazione delle proprietà di una sostanza somministrata ad un gruppo di soggetti in buona salute. Il tipo di dati che si ottiene e raccoglie spazia da osservazioni tossicologiche fino alla sperimentazione in doppio cieco di una sostanza su gruppi di soggetti sani volontari.

La Materia Medica Clinica, invece, raccoglie una valutazione riassuntiva dell’azione delle singole medicine integrata dall’esperienza clinica del suo compilatore. Così facendo, nel tempo è possibile condividere e rivalutare l’azione delle singole sostanze, sia per quanto riguarda specifici sintomi che per quadri complessi di malattia.

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La Materia Medica Omeopatica, nel suo insieme, costituisce un continuo “lavoro in corso”, in cui le precedenti acquisizioni non diventano obsolete ed inutili, ma possono al contrario essere precisate e riviste alla luce delle nuove esperienze e delle mutate abitudini e stili di vita delle persone.
La sintomatologia di rimedi “policresti”, come ad esempio – ma non solo – Sulphur o Arsenicum, si è continuamente arricchita di dati nel corso dei duecento anni trascorsi dalla loro primissima sperimentazione (proving): questi dati non vanno considerati come una semplice somma, ma come un’immagine che evolve interpretando il mutare delle persone e dei loro bisogni. L’”ansia di notte” o il “dolore bruciante dello stomaco” avvertiti da Arsenicum risultano immutati nella loro manifestazione, mentre la causa scatenante nonché la modalità di manifestarsi risentono ampiamente della cultura, delle abitudini, dell’ambiente e delle relazioni di chi le soffre: la Materia Medica evolve costantemente, integrando al suo interno queste nuove risposte e modalità, attualizzando un’arte medica che è nata più di duecento anni fa mettendola in relazione alla popolazione contemporanea ed alle sue caratteristiche e bisogni – anch’essi in continua evoluzione e mutamento.

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Testo: dott. Giuseppe Fagone, Medico Chirurgo, Omeopata, Tesoriere FIAMO

Riprendendo il nostro articolo Omeopatia in Farmacia, andiamo a fare una breve distinzione tra quelle che abbiamo definito le diverse Omeoterapie.

Lo stesso Hahnemann, scopritore dell’Omeopatia:

  • ai §§ 7, 17, 18 del suo Organon ci dice che la totalità del paziente è quella che deve guarire
  • ai §§ 24 e 56 ci parla della necessità che ci sia similitudine tra il quadro di malattia e il medicinale
  • ai §§ 5 e 153 caratterizza i sintomi peculiari di ciascuno di noi, a ribadire l’individualizzazione e la personalizzazione del medicinale necessario alla cura
  • ai §§ tra il 105 e il 145 ci illustra la necessità e le modalità di sperimentazione sull’individuo sano (“Proving”), anticipando di oltre 100 anni il concetto di “trial” in medicina
  • ma soprattutto ai §§ 169, 273 e 274 si mostra categorico nell’indicare un unico rimedio come sola maniera di guarire omeopaticamente.

Quindi, ciò che a pieno diritto si chiama Omeopatia non solo sarà diluito e dinamizzato, ma rispetterà le esigenze appena descritte di totalità, similitudine, individualità, sperimentazione, e di un unico rimedio alla volta.

Ma, come già detto, in Farmacia troviamo diversi omeoterapici, anch’essi diluiti e dinamizzati (parametro che per la Legge è sufficiente alla definizione di Medicinale omeopatico), ma cui manca almeno uno dei quattro parametri sopra espressi.

L’Omotossicologia di Reckeweg, ad esempio, si avvale di preparazioni diluite e dinamizzate, ma di diversa origine e per lo più senza sperimentazione sul soggetto sano. Si trovano come complessi di rimedi differenti molto assortiti o come accordi di potenza, e lavorano come detossificanti a livello organico.
L’Antroposofia ideata da R. Steiner ha un carattere fortemente ideologico: collega spirito e corpo, singolo e Universo, ma utilizza basse potenze decimali preparate “omeopaticamente”, anche con attenzioni particolari (raccolta della droga, dinamizzazione, …), e in formulazioni spesso complesse.
Per entrambe, viene persa quindi la visione della Totalità, del rimedio Unico, e del Proving.
Allo stesso modo, per la preparazione dei Sali Biochimici di Schüssler si utilizzano solo dodici sali minerali diluiti e dinamizzati, ma con applicazioni secondo la biochimica moderna di Virkow sulla funzionalità della singola cellula. Qui la sperimentazione viene dall’Omeopatia o dalle esperienze cliniche di Schüssler stesso, mentre manca il “simile” sulla totalità del paziente.
Infine, l’Isopatia, demonizzata da Hahnemann nella nota al § 56, che utilizza le stesse sostanze che hanno scatenato la malattia (ad esempio pollini o allergeni, diluiti e dinamizzati, per desensibilizzare il soggetto allergico, o alcuni Nosodi specifici) cui manca la sperimentazione sul soggetto sano e dove il simile è sostituito dall’identico.

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Con questo non si vuole togliere dignità ad alcuna di queste discipline, che posseggono metodologia e dignità proprie, ma s’intende distinguerne le caratteristiche e dare ad Hahnemann ciò che è di Hahnemann.

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Bibliografia e letture utili:

  • F.S. Hahnemann – Organon dell’arte di guarire – Con integrazioni e commenti didattici utili per la comprensione e l’insegnamento della Medicina Omeopatica a cura del Dr. G. Fagone – Edizioni Salus Infirmorum (2010)
  • Giarelli G., Roberti di Sarsina P., Silvestrini B., LE MEDICINE NON CONVENZIONALI IN ITALIA – Storia, problemi e prospettive di integrazione, Edizione FrancoAngeli, 2007
  • Il Medico Omeopata – Anno XII, n. 36, nov. 2007 – pag. 7: “Quante omeopatie” A. Ronchi http://www.ilmedicoomeopata.it/numeri-completi/
  • Bellavite P., Conforti A., Lechi A., Menestrina F., Pomari S. – Le medicine complementari, Definizioni, applicazioni, evidenze scientifiche disponibili – UTET Periodici Milano, ott. 2000

Testo: dott.ssa Renata Calieri, Farmacista Formatore, direttrice del Dipartimento Farmaceutica Omeopatica FIAMO

Lettera dei medici omeopati ai Cittadini

giovedì, 05 aprile 2018 by
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