Se ci inoltriamo nei ragionamenti sulla salute e la malattia, occorre prima capirsi su cosa s’intenda con i due termini. Non a caso anche l’OMS, in più occasioni (1948, 1986), ha cercato di dare una definizione di Salute il più possibile corretta, riferendosi anche a un benessere mentale e sociale, oltre che fisico, e quindi non alla sola assenza di sintomi patologici.

Nei paragrafi dal 9 al 16 del suo “Organondell’Arte di guarire”, Hahnemann ci parla di questa Forza immateriale e vivificatrice, che tiene in vita, anima, e governa il corpo materiale, tanto nello stato di salute quanto in quello di malattia. Egli ci dice: “L’organismo materiale, senza la Forza Vitale, è incapace di sentire, di operare e di autoconservarsi”; e anche: “Quando una persona si ammala, è soltanto la Forza Vitale immateriale, […] quella che soffre dall’inizio l’alterazione” provocata dall’agente morboso. Pertanto, se ci viene una verruca, una cistite, una pericardite, o un attacco d’asma, questi sono solo il segnale che la Forza Vitale produce ed esteriorizza sul corpo, per denunciare un malessere profondo e totale. Totale significa che, quando una singola parte del corpo “sta male” (compreso lo stato d’animo), tutto il corpo lo sa e urla il suo allarme.

“Unica a produrre le malattie è la Forza Vitale, patologicamente colpita”, sofferente. Dunque la guarigione vera (“rapida, dolce e duratura”) si avrà se, e solo se, implica il ristabilimento integrale della Forza Vitale ammalata. Allora a nulla varrà estirpare le verruche, o usare un antibatterico, se non si eradica il malessere della Forza Vitale: quei sintomi ritorneranno sempre, dando a quel male la connotazione di malattia cronica.

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Se poi questa Forza Vitale (condizione indispensabile alla vita) è un’entità immateriale, “tutti quei disordini patologici (le malattie), non possono essere rimossi dal medico in nessun altro modo, se non tramite il potere immateriale delle medicine”, utili e attive sulla Forza Vitale. Ecco rivelata la ricerca del rimedio ultra-diluito e infinitesimale che Hahnemann operò per quasi 60 anni, anticipando i tempi di una visione che solo oggi prova ad essere spiegata dalla Fisica quantistica, dalla Sistemica, dalla Sintropia e dai più moderni e raffinati mezzi della ricerca ultra-molecolare.

Per la sua azione dinamica sulla Forza Vitale, il rimedio dovrà ristabilire, e ristabilisce, la salute e l’armonia vitale”. E tutto questo affinché ogni essere vivente “possa usare liberamente questo strumento [l’organismo, il corpo] vivo e sano per i più alti fini della sua esistenza”.

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Testo: dott.ssa Renata Calieri, Farmacista Formatore, direttrice del Dipartimento Farmaceutica Omeopatica FIAMO

LA MATERIA MEDICA DEGLI ANIMALI MARINI

giovedì, 22 febbraio 2018 by

La visita omeopatica spesso sorprende chi ne fa l’esperienza per la prima volta. A differenza di molti controlli medici cui siamo da tempo abituati, la visita del medico omeopata si caratterizza per un’attenta e differente osservazione del paziente ed un’accurata raccolta dei sintomi. In particolare, il primo incontro consiste in una lunga conversazione tra il medico ed il malato.
L’omeopata si mostra sempre molto interessato a ciò che il paziente ha da raccontare sulla sua malattia perché è proprio a partire da quella narrazione che potrà giungere alla prescrizione della corretta terapia omeopatica: solo successivamente procederà a visitare il paziente e a studiare i referti medici.

Dopo un primo ascolto spontaneo, il medico interroga il paziente raccogliendo tutte le altre informazioni che non sono ancora emerse, approfondendo così il modo particolare in cui il malato percepisce e vive la propria malattia: come e in che situazione è apparsa? Qual è stata l’evoluzione dei sintomi? Con che stato d’animo la affronta?

Spesso le sue domande ricavano utili informazioni da aneddoti o malattie del passato oppure dai gusti alimentari, dagli effetti che hanno su di lui/lei il cambio di temperatura o quello di stagione. Non mancano neppure domande sulle paure o sui sogni notturni, sulla qualità del sonno, sul temperamento caratteriale, sul rapporto con la natura, con la spiritualità, con il denaro, con il lavoro e altro ancora.

All’intervista segue l’esame obiettivo. All’omeopata interessa osservare l’aspetto della “lesione”, le eventuali secrezioni, il lato in cui è apparsa, la modalità di comparsa e l’evoluzione. Spesso è durante l’esplorazione fisica che il medico coglie se il paziente avverte in modo particolare gli sbalzi di temperatura, se è riservato e diffidente o al contrario se si lascia esplorare con fiducia e senza esitazione.

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Non è raro che i pazienti, dopo il primo incontro, raccontino che la visita omeopatica assomiglia ad un colloquio con lo psicologo a causa dell’attenzione che il medico rivolge ai sentimenti, ai timori e alle idee del paziente.
Se è vero però che l’interesse per questi aspetti è grande, non va dimenticato che è dall’insieme delle manifestazioni fisiche e psichiche della malattia che l’omeopata potrà ricavare la corretta scelta del rimedio. Quanto più la relazione terapeutica sarà aperta e sincera,  basata sulla fiducia e sull’ascolto reciproci, tanto più sarà facile per il medico guidare il paziente sul cammino della salute.

Mai come nel caso della medicina omeopatica si può parlare di “alleanza terapeutica”, così come di “medicina per la persona”, individualizzata per il singolo paziente e non prescritta in modo aspecifico sulla diagnosi convenzionale di malattia.
Ruolo del medico omeopata è quello di riunire le conoscenze medico-scientifiche più attuali ad una metodologia classica che viene insegnata e tramandata da più di duecento anni, al fine di poter caratterizzare nel modo più preciso possibile la dinamica di malattia e poter dare all’organismo gli strumenti e gli stimoli per una guarigione profonda e duratura.

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Testo: dott.ssa Arianna Bonato, Medico Chirurgo, Omeopata, specialista in Ginecologia e Ostetricia

Presentazione del calendario Cemon 2018

sabato, 17 febbraio 2018 by

I pionieri dell’Omeopatia

lunedì, 12 febbraio 2018 by

Christian Friedrich Samuel Hahnemann (1755-1843), medico tedesco, può essere universalmente considerato il padre dell’Omeopatia. Spinto dall’osservazione del frequente fallimento della medicina allopatica dell’epoca, sperimentò e definì lungo il corso di tutta la sua vita professionale questa nuova metodologia terapeutica, espressa nei suoi classici “L’Organon dell’Arte del Guarire” (1810), “Trattato di Materia Medica Pura” (1811-1821) e “Trattato delle Malattie Croniche” (1828).
Egli vide che le sostanze naturali provocavano specifici disturbi nei soggetti sani (“proving”), ma se assunte a “basse dosi” erano in grado di guarire quegli stessi disturbi quando insorti spontaneamente nei pazienti affetti, a causa nelle dinamiche di malattia (“legge dei simili”). Secondo Hahnemann, inoltre, l’azione dei medicamenti, chiamati rimedi, aumentava progressivamente con il diminuire della dose (“principio delle diluizioni infinitesimali”) se la sostanza, durante i passaggi della diluizione, veniva scossa energicamente per potenziare la sua azione terapeutica (“dinamizzazione”).

La diffusione dell’omeopatia in Europa e nel mondo si deve a molti professionisti, vari dei quali hanno lasciato preziosissime “Materie Mediche”. Tra questi il medico inglese John Henry Clarke (1853-1931), che ha contribuito all’affermazione della medicina omeopatica nel Regno Unito, l’olandese Clemens von Böenninghausen (1785-1864) e il francese Leon Vannier (1880-1963), Francesco Romani (1785-1852) e Cosmo De Horatiis (1771-1850) e, in epoca recente o contemporanea, Antonio Negro (1908-2010) in Italia, Pierre Schmidt (1894-1987) in Svizzera, Pablo Paschero (1904-1986) e Alfonso Masi Elizalde (1932-2003) in Argentina. A questi sono seguiti i Maestri contemporanei Eugenio Federico Candegabe,  Gustavo Ezequiel Krichesky e Proceso Sanchez Ortega, in Argentina e Messico.

pionieri

Il tedesco Constantin Hering (1800-1880) è stato pioniere e promotore dell’Omeopatia in America, dove fondò “The North American Academy for Homeopathic healing e l’ “Hahnemann Medical College, e dopo di lui lo sono stati gli americani Eugene Beauharnais Nash (1838-1917), William Boericke (1849 –1929) e Timothy Allen (1837-1902).
E’ interessante sapere che all’ancora studente Hering fu chiesto all’epoca di scrivere un libro contro l’eresia delle teorie omeopatiche promulgate da Hahnemann: invece proprio
di queste rimase talmente affascinato da diventarne un entusiasta sperimentatore, fino ad enunciare nel 1865 la sua cardinale “legge di  guarigione” dell’Omeopatia (“dall’interno all’esterno, dalla testa verso il basso, e in ordine inverso alla comparsa dei sintomi”) in “The Guiding Symptoms of our Materia Medica“.

Si deve all’americano James Tyler Kent (1849-1916) lo sviluppo dell’Omeopatia moderna dal 1880. Il suo approccio, come ricordato in “Repertorio della Materia Medica Omeopatica”, “Lezioni di Materia Medica” e “Lezioni di Filosofia Omeopatica”, si è basato sull’analisi dei disturbi corporei  accompagnato dallo studio delle  sensazioni emotive e spirituali, sull’utilizzo delle alte diluizioni dei rimedi (rispetto alle tradizionali  Hahnemaniane) e sullo sviluppo di cosiddetti “quadri costituzionali”.

Tra i “nuovi pionieri” dell’Omeopatia ricordiamo Rajan Sankaran, cui si attribuiscono il “principio del disturbo centrale del caso clinico”, l’ampliamento della classificazione dei “miasmi” e la ripartizione dei rimedi omeopatici in regni; George Vithoulkas, fondatore dell’”Accademia Internazionale di Omeopatia Classica” e promotore di seminari internazionali; Jan Scholten, con la sua ricerca e innovativa organizzazione sistematica dei rimedi dei regni minerale e vegetale; Jeremy Sherr, con la concezione del “dinamismo in omeopatia”; Massimo Mangialavori, teorico italiano del “Metodo della Complessità”; Dario Spinedi, con la sua esperienza d’integrazione in ambito oncologico in un Ospedale in Svizzera; Roberto Petrucci, insegnante tra i più noti in ambito internazionale anche per i suoi approfondimenti pediatrici, così come Didier Grandgeorge; Frans Vermeulen, che nel suo libro “Prisma” evidenzia parallelismi e similitudini fra i quadri dei rimedi omeopatici e le sostanze da cui derivano; la stessa analogia è sottolineata anche da Joseph Reves, Omeopata che ha ispirato molti Colleghi moderni.

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Testo: dott.ssa Elisa di Curzio, Medico Chirurgo, Omeopata

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