Dibattito su Omeopatia e Ormesi

I due Fisici Giuliano Preparata ed Emilio Del Giudice

Dott. Bruno Galeazzi

Dott. Andrea Signorini

Dott. Gustavo Dominici

Al Congresso Liga di Siviglia, il Dr. Alexander Tournier (HRI) ha tenuto due relazioni.

La prima in cui elencava tutte le ipotesi sul meccanismo d’azione del medicinale omeopatico sino ad ora formulate.

La seconda relazione si focalizzava sul meccanismo d’azione più verosimile in base ai dati sperimentali sino ad ora raccolti.

Nella ricerca sperimentale di base un ruolo fondamentale negli ultimi anni l’ha avuto Michel Van Wassenhoven, effettuando migliaia di osservazioni sperimentali con diverse tecniche e appoggiandosi spesso a istituti universitari. Ovviamente non dimentichiamo gli importanti lavori di numerosi altri ricercatori, tra i più importanti alcuni italiani come i Proff. Vittorio Elia e Paolo Bellavite.

Tutte le osservazioni sperimentali non mostrano la presenza di sostanze farmacologicamente attive, nemmeno in minima traccia, ben al di sotto della 12CH.

La presenza di nanoparticolato è costante in tutti i preparati e a tutte le potenze, pur variando la composizione minerale in termini percentuali. Tale presenza non giustifica l’estrema variabilità di azione dei medicinali omeopatici.

Per un ricercatore come Tournier, sbilanciarsi in affermazioni che potrebbero non essere fondate è un rischio, la prudenza preserva la sua credibilità.

È la prima volta che ascolto Tournier affermare che l’ipotesi più verosimile, in base ai dati sperimentali sin qui raccolti è quella di Del Giudice e Preparata, dei Domini di Coerenza Quantistici.

In effetti tutti i dati sperimentali confermano le previsioni dell'ipotesi e nessun dato è in disaccordo con la teoria, cioè nessun dato ha sino ad ora falsificato l'ipotesi. Non si può fare la stessa affermazione per l’ipotesi del nanoparticolato, inteso come sostanza farmacologicamente attiva e con specificità di azione a tutte le potenze.

In tutto questo l'Ormesi rimane valida solo per le preparazioni che ancora contengono molecole farmacologicamente attive, di solito sino alla 7DH, secondo le osservazioni spettrofotometriche di Michel VW.

Se volessimo sostenere la sola ipotesi ormetica come meccanismo d’azione dell’Omeopatia, un osservatore esterno attento ci darebbe ragione, limitando però la farmacopea omeopatica fino alla 7DH, come potenza più alta.

Se l’ipotesi teorica di Del Giudice e Preparata continuasse ad essere confermata e non falsificata dalle ricerche che stanno proseguendo, il problema dal mio punto di vista sarà fare accettare una ipotesi quantistica in un mondo medico che usa ampiamente la tecnologia quantistica per la diagnostica, ma continua a pensare con la cornice concettuale della fisica-chimica classica, per le quali l’informazione medicinale può essere trasmessa solo con molecole recettorialmente attive.

Nella relazione che porterò al 100° Congresso della Faculty ad Edimburgo nel mese di novembre, proseguirò il discorso già iniziato al nostro Congresso nazionale: se non integriamo le conoscenze sperimentali già acquisite con la ricerca convenzionale, la biologia stessa non è in grado di spiegare tutte le dinamiche della vita, così come la conosciamo. Quando avremo ampliato la cornice concettuale biologica, includendo gli aspetti quantistici, probabilmente saremo più in grado di accettare l’ipotesi di Del Giudice e Preparata applicata all’Omeopatia.

Non dimentichiamo che Del Giudice e Preparata in tutte le loro pubblicazioni scientifiche non hanno mai menzionato l’Omeopatia, ma la loro ipotesi si riferiva proprio in generale al funzionamento degli organismi viventi, che necessitano del giusto livello di simmetria e coerenza quantistica per funzionare e stare in salute.

Per finire, i dati sperimentali sin qui raccolti non falsificano alcuna delle ipotesi, intuizioni e affermazioni originali di Hahnemann. Questo ci può far riflettere sulla grandezza del genio.

In particolare, la critica che faceva alle menti materialistiche trova sempre più fondatezza grazie ai progressi delle conoscenze nell’ambito della fisica.

Dr. Bruno Galeazzi

L’Ormesi ha dei grossissimi limiti per spiegare l’Omeopatia, primo perché si adatta in particolare ai tossici, ma secondo perché si concentra ancora una volta sulle diluizioni o sulle concentrazioni come se questo spiegasse il principio di similitudine, mentre invece esse non hanno a che fare con l’essenza dell’Omeopatia.

Purtroppo l’efficacia delle potenze, che non sono diluizioni, avendo qualcosa di contro-intuitivo a chi afferma che se non vi è materia non vi è effetto biologico (e avrebbe bisogno di aggiornamenti di bioelettricità e bioelettromagnetismo), ha attirato la maggior parte dell’attenzione da parte dei farmacologi o chimici.

Tuttavia sappiamo che l’Omeopatia è iniziata come una terapia di reazione utilizzando le dosi molecolari farmacologiche. È stata un’intuizione farmacologica, avendo notato Hahnemann che le DOSI ALTE (e non le basse) avevano una seconda azione opposta alla prima DOPO UN CERTO TEMPO, e non cambiando in qualche modo i dosaggi.

L’inversione di effetto e il cambio di dose non hanno nulla a che vedere tra loro, anche se in alcuni casi si ritrovano nella farmacologia questi esempi, citati da chi non conosce la storia dell’Omeopatia e non ha capito come Hahnemann l’abbia concepita. Il primo e unico pilastro essenziale dell’Omeopatia è la Similitudine dei sintomi e non la diluizione infinitesimale.

In ogni caso è tutto scritto nell’Organon ai par. 54-66 e con il meraviglioso par. 70. Hahnemann osservò che il CORPO reagisce ai farmaci, in alta dose o ripetuti spesso, con azioni opposte all’azione primaria (par.65), per questo pensò di fondare una terapia reattiva basata sull’azione secondaria del corpo (par. 66) che chiamò Omeopatia e le guarigioni cominciarono ben prima di diluire le sostanze, usando semplicemente le concentrazioni farmacologiche nel caso di sostanze non tossiche e dosi sub-farmacologiche nel caso di sostanze troppo potenti. Ma il segreto della guarigione non erano le dosi, quanto l’aver trovato il soggetto simile al farmaco.

Quando dopo uno-due decenni Hahnemann fece la scoperta delle potenze infinitesimali, fu per completare l’azione di guarigione e renderla più forte, come ben descrive al par. 128, ma non per dare a questa scoperta la responsabilità dell’inversione di effetto. L’Omeopatia era già nata e cresciuta senza le diluizioni ed era dovuta alla REAZIONE del corpo al farmaco, anche non diluito, se si trovava il soggetto simile con i sintomi della sostanza utilizzata.

Ora sappiamo dalla farmacologia che Hahnemann aveva ragione e possiamo confermare che i suoi esempi farmacologici del par. 65, che egli ci descrive per convincerci delle sue osservazioni, sono corretti e spiegabili grazie alle nuove conoscenze biologiche. Insomma Hahnemann aveva ragione in tutto: la malattia è un’alterazione della sensibilità generale, i rimedi simili fanno scattare una reazione di guarigione delle sensibilità alterate, mentre i rimedi contrari non possono avere successo duraturo (par. 70). Le potenze sono utili per cancellare anche la malattia più radicata.

Non c’entra il rifiuto dell’olismo o pensare che l’Omeopatia non utilizzi le informazioni disponibili nella ricerca scientifica, come afferma qualcuno che non conosce l’Omeopatia ma pretende di spiegarla agli altri. Per fortuna che in questo gruppo FIAMO ci sono Omeopati che non credono alle fandonie degli ormetici.

Dr. Andrea Signorini

La convinzione secondo cui se avessimo accettato la teoria dell’Ormesi le scuole avrebbero più studenti, i protocolli delle cliniche di Medicina Integrata ci includerebbero (sic), gli accademici ci avrebbero spalancato le porte e ora vivremmo un momento di splendore, è di chi non ha mai praticato l’Omeopatia, di un teorico, non certo di un clinico.

L’Omeopatia non sarebbe affatto in crisi, non certo crisi di pazienti, ma di Omeopati.

Il fatto è che la Medicina è cambiata, in peggio, ha tagliato definitivamente i ponti con l’umano, è totalmente Medicina del farmaco, il pensiero medico stesso è inibito, censurato: non pensare, c’è già chi ha pensato per te, prescrivi!

Ho vissuto periodi in cui l’Omeopatia era apprezzata dal mondo scientifico, destava curiosità e molti uomini di scienza si curavano con essa. E non sapevano dell’Ormesi. E comunque fra i miei pazienti ci sono molti Medici. E che dire dell’India, ad esempio?

La fine dell’Omeopatia è solo nella testa di alcuni, che in genere l’hanno solo pensata e non praticata. La fine corrisponde alla decadenza del loro pensiero.

La semplice verità è che per essere Omeopati oggi occorre una dose maggiore di motivazione e coraggio. I pazienti attendono che qualcuno la manifesti.

Dr. Gustavo Dominici

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