"ORGANON dell'arte di guarire" di Samuel Hahnemann.
Adattamento e cura del Dr. Giuseppe Fagone
Il recente dibattito che è scaturito dopo le affermazioni fatte intorno all’Ormesi, ci ha riportato nell’affannata e affollata area della fisico-chimica e dei nuovi sviluppi di modelli teorici. A Siviglia, i Colleghi Alexander Tournier, Andrea Signorini e Bruno Galeazzi hanno discusso di questo.
Si potrebbe dire che all’interno dell’universo omeopatico professionale esiste un dualismo di pensiero sull’atteggiamento verso la ricerca fisico-chimica. Coloro che ritengono indispensabile dare una dimostrazione scientifica, e altri che lo ritengono relativamente importante.
Questa seconda area è più “fideista” e spesso meno articolata su principi di metodo e di interesse delle proprietà fisiche e dell’azione farmacologica delle sostanze che chiamiamo omeopatiche.
Poi esiste tutta un’area in espansione pseudo-omeopatica di professionisti che utilizzano prodotti che poco hanno a che fare con l’Omeopatia classica e non.
I rimedi utilizzati dagli Omeopati e presentati nelle Materie Mediche pure (che hanno una denominazione latina universale) sono sovrastati da tutti quelli che hanno conquistato sulla carta la denominazione di medicinale omeopatico. Questi ultimi, come ha efficacemente illustrato la Collega Carla De Benedictis nel riportare nel forum di discussione della FIAMO un drammatico caso di mala-omeopatia, non hanno una formazione omeopatica oppure non la mettono in pratica. Ognuno somministra medicinali come crede opportuno e non essendo possibili protocolli in Omeopatia che ne rispettino i principi, si avventurano in prescrizione improbabili sulla pelle del paziente anche grave.
Si tratta di una faccenda la cui pertinenza dei decisori è dominata dagli interessi commerciali e dove la voce dell’Omeopata è inascoltata. Questi aspetti meriterebbero una disamina accurata, ma vorrei tornare alla questione dell’area di Medici omeopati che non ritengono fondamentale una spiegazione fisico chimica dell’azione del “farmaco” omeopatico.
È una posizione che ha a che fare con il concetto stesso di Energia Vitale come ce la descrivono i vecchi maestri. È vero che siamo in un’era dove la scienza ha fatto miracoli, ma ci sono cose che sono tuttora poco quantificabili. Hahnemann e Kent e i loro seguaci, ci spiegano che la vita si vede attraverso gli effetti qualitativi, l’energia vitale di una persona si misura attraverso le sue azioni, scelte, potenzialità reattive, ecc.
Di conseguenza perché affannarsi a elaborare teorie e dare così importanza alle aspirazioni deterministiche, dai recettori alle teorie quantistiche e via dicendo? Più o meno a ragione, l’Omeopatia “scettico o ortodossa” ragiona in questo modo.
Un’altra parola che l’Omeopata scettico-ortodosso (giusto per capirsi) detesta è quella degli standard. Egli è più lontano di altri alla contemporaneità dei termini e non segue gli iter di aggiornamento che provengono dagli organismi preposti. Già capire che differenza c’è tra integrato o integrativo diventa ostico e non apprezzabile. È un termine che non gli appartiene e praticamente lo rifiuta perché puzza di bruciato.
Il Dott. Sungchol Kim, esponente dell’OMS, ha esposto a Siviglia le strategie delle Medicine Tradizionali nei prossimi anni, dal 2025 al 2034. Ha sostenuto la necessità di procedere verso gli “standard”. Questa potrebbe essere una occasione di riedificazione dell’Omeopatia classica e non venire scartato a priori come un corpo estraneo, anche se ben sappiamo che l’OMS usa parole accattivanti e poi nella realtà fa tutt’altro (basta vedere la definizione di salute).
Dr. Sergio Segantini
Riprendo il pensiero del Collega Sergio Segantini. Nell’ambiente medico omeopatico, ci sono coloro che ritengono indispensabile dare una dimostrazione scientifica, e altri che lo ritengono relativamente importante … Di conseguenza perché affannarsi a elaborare teorie e dare così importanza alle aspirazioni deterministiche, dai recettori alle teorie quantistiche ecc.?
Premesso che l'importante ed essenziale è guarire i malati e su questo non si discute, credo che l'art. 1 dell'Organon abbia affascinato tutti all'inizio della nostra carriera omeopatica; rimane il dubbio se sia giusto o no aggiornarsi su materie di base, cellule, recettori, frequenze, domini di coerenza o altro...
Hahnemann affermò al par. 28 che egli non era interessato alle dimostrazioni scientifiche, ma è evidente che lo scrisse per la sua indubitabile astuzia e altrettanta correttezza: di certo non voleva inventare teorie che non aveva modo di appurare completamente.
Quello che scrive nei 42 paragrafi successivi (29-70, in totale 43 paragrafi con il n. 28) smentisce però che non sia interessato a parlare di ragionamenti scientifici, almeno per quanto fosse possibile alle conoscenze del tempo: in quei 43 paragrafi Hahnemann fa tre discorsi scientifico-teorici, il primo sulle malattie uguali o differenti (direi una sua dimostrazione su base patologica), il secondo sui danni ottenuti dalle medicine contrarie soprattutto in alti dosaggi (una sua osservazione-premessa farmacologica) e il terzo sull'azione primaria e secondaria (la sua più acuta osservazione e interpretazione medica, prettamente farmacologica e talmente rivoluzionaria da potersi dimostrare solo in questi decenni). Cioè dedica 43 paragrafi del suo libro più importante a tentare di dare una dimostrazione scientifica (per la quale nega interesse) alla sua Omeopatia. Certo che gli interessa! E sono sicuro che, se fosse vivo, studierebbe qualsiasi ramo del sapere medico-biologico per convincere i lettori della similitudine, che è il centro di questi paragrafi.
Solo alla guarigione-cura omeopatica ha dedicato più spazio nell’Organon (116 paragrafi) rispetto alle dimostrazioni scientifiche, mentre al proving ha dedicato altrettanto spazio, 43 paragrafi (n.105-147), ma all'anamnesi e alla produzione dei rimedi ha dedicato uno spazio inferiore.
Infine credo che ci sia un'esigenza di sopravvivenza e di approfondimento. Avere strumenti scientifici non aggiornati o inesistenti sul piano comunicativo ci garantisce la nostra sopravvivenza come Omeopati singoli, ma rischia di renderci incomprensibili alle nuove generazioni, tenendo presente che oggi molti argomenti scientifici danno all'Omeopatia, cioè alla Legge dei Simili e alle potenze omeopatiche, un quadro molto più convincente della stessa allopatia messa sotto la lente di ingrandimento. Oggi possiamo anche comprendere biologicamente alcuni sintomi curiosi omeopatici, alcune modalità omeopatiche o la logica della totalità dei sintomi. Avere queste conoscenze potrebbe aiutarci, forse anche a progettare dei proving sempre migliori o a comprendere le reazioni di un paziente.
Dr. Andrea Signorini
A completamento di questi contributi, riportiamo qualcosa che troviamo scritto sul sito dell’Institute of Complementary and Integrative Medicine dell’università di Berna (del quale avevamo già trattato nella nostra NL n.9/2023 ) in tema di ricerca:
Allo stato attuale della ricerca di base in Omeopatia si può dire che i risultati della maggior parte dei biotest non sono compatibili con l'ipotesi del placebo: in un gran numero di indagini, i preparati omeopatici hanno esercitato effetti specifici diversi dal placebo, quando applicati in contesti sperimentali adeguati. Anche nella ricerca fisico-chimica sono state osservate prove empiriche di specifiche proprietà fisico-chimiche.
La ricerca di un modello teorico in grado di spiegare queste proprietà - per determinare una modalità d'azione fisico-chimica che spieghi gli effetti specifici dei preparati omeopatici altamente diluiti - è ancora aperta. Tournier et al. hanno concluso che “ad oggi non ci sono prove consistenti per una serie di ipotesi di lavoro proposte, come clatrati stabili, nanoparticelle, nano-bolle, composti di silice o peptidi come costituzionali per la modalità d'azione fisico-chimica omeopatica”. Altri tre approcci teorici - l'ipotesi del dominio di coerenza quantistica, l'ipotesi del cluster dinamico dell'acqua e la teoria dei quanti deboli - non potevano al momento essere falsificati e sono stati raccomandati per un'ulteriore valutazione in indagini sperimentali specificamente progettate.