Il concetto di dietetica e il pensiero riguardo al ruolo dell’alimentazione nella cura delle patologie alcune centinaia di anni fa

L’aforisma di Ippocrate applicato a un fast food.

Foto di Renata Calieri

Sono a togliere i panni dell’NVP dell’Italia omeopatica per indossare quelli del Medico che da quasi 40 anni si occupa di nutrizione: ma non cambia molto il mio pensiero, vedremo che non ci sono interruzioni nel pensiero della cura della persona, e che anche un Omeopata famoso (un certo Christian Friedrich Samuel Hahnemann!) aveva centrato la sua attenzione sulla cura “del” e “col” cibo.

Sono qui a scrivere per evidenziare quanto ancora le intuizioni di Hahnemann sul ruolo della dietetica e sullo stile di vita dei pazienti siano attuali e quanto ancora stiamo, con linguaggio diverso, sostenendo ciò che egli diceva oltre duecento anni fa.

Sarà una breve chiacchierata, cercherò di non dilungarmi eccessivamente.

Nel paragrafo 191 de Le Malattie Croniche Hahnemann scrive “[…] allo scopo di facilitare la cura il medico dovrà adattare alle circostanze le proprie prescrizioni concernenti la DIETA e il MODO di VITA: così facendo raggiungerà l’obiettivo della GUARIGIONE con maggior sicurezza e quindi più completamente […]. Prosegue poi: […] Perciò, forze permettendo, chi lavora dovrà continuare a lavorare […] evitando solo i lavori che possono danneggiare la salute […]. Quella categoria di persone che svolge un lavoro intellettuale e comunque sedentario dovrà camminare all’aria aperta quotidianamente […]. Chi è solito, per abitudine alla comodità, camminare poco a piedi, dovrà essere indotto a farlo […]. Saranno permessi divertimenti innocui e moderati […] sarà comunque vietato il gioco d’azzardo. […] Gli intellettuali e gli alunni che frequentano la scuola dovranno essere indotti a fare un moderato esercizio fisico all’aperto o, quando il tempo è cattivo, a dedicarsi anche in casa a qualche occupazione manuale […].

[…] Riguardo alla dieta, chiunque voglia liberarsi di una malattia cronica potrà sopportare qualche privazione, che non sarà però troppo rigorosa a meno che la malattia non consista in dolori addominali. I malati più poveri non saranno sottoposti a particolari limitazioni, soprattutto se sono in grado di continuare a svolgere un lavoro manuale, che come tale mantiene il corpo attivo.”.

Nel paragrafo 192 Hahnemann parla delle BEVANDE: “[…] il caffè ha gli effetti deleteri che ho descritto nel mio piccolo trattato Wirkungen del Kaffees (Lipsia, 1803) […] tuttavia è diventato per la maggior parte dei paesi cosiddetti civili un’abitudine che sarà ben difficile da estirpare, così come è difficile estirpare pregiudizi e superstizioni […] – prosegue – […] Perciò, poiché il medico deve sempre tenere presente ciò che è bene per il malato, varrà la regola che tutti i malati cronici, senza eccezioni, dovranno rinunciare a questo elemento subdolamente nocivo […]. Esistono numerosi surrogati a base di cereali che vengono preparati come il caffè e che sono totalmente innocui.

Nel paragrafo 193 Hahnemann scrive del tè: “[…] Così come del caffè, possiamo dire del tè, quello di qualità pregiata così come quello di scadente qualità: il tè eccita piacevolmente il sistema nervoso ma segretamente e inevitabilmente lo indebolisce e lo compromette. Il tè non è mai innocuo, anche se lo si prende leggero e in minima quantità una sola volta al giorno; non solo è nocivo ai giovani ma anche alle persone più anziane che lo usano fin dall’infanzia […].”.

Scrive poi del vino e degli alcoolici in generale: “[…] quanto alle limitazioni del vino, il medico potrà essere molto meno rigido: solo molto raramente sarà necessario vietarlo completamente a un malato cronico […]. L’improvvisa astinenza produrrebbe una brusca perdita delle forze, che finirebbe per ostacolare la guarigione […]. Più viva è la necessità di rinunciare al whisky o al brandy: il medico dovrà usare una gran cautela nel diminuire la quantità e altrettanta fermezza nel far eseguire le proprie prescrizioni. Se la totale sospensione dei superalcoolici provoca un sensibile indebolimento, bisognerà sostituire al liquore una piccola quantità di vino buono e genuino, che il malato berrà per un breve periodo, dopodichè verrà allungato con più parti di acqua […]. Poiché la nostra forza vitale, seguendo un’inviolabile legge di natura, produce nell’organismo umano l’opposto delle impressioni causate dalle potenze fisiche e medicamentose, è facile capire che i liquori, dopo un apparente temporaneo rinvigorimento, producono gli effetti diametralmente opposti proprio per via di questa reazione dell’organismo. La debolezza e un’immancabile diminuzione del calore vitale sono le inevitabili conseguenze dell’uso dei liquori […].”.

Ometto il paragrafo 193 dove Hahnemann sconsiglia l’uso della birra, specialmente perché a suo dire (egli era un chimico, aveva profonde conoscenze in questo campo) ricca di additivi nocivi alla salute (il concetto di additivo viene rimarcato più volte, dimostrando come questo problema fosse già conosciuto).

Nel paragrafo 194 parla ugualmente di spezie quali cannella, zenzero, chiodi di garofano, noce moscata, pepe e altri e ricorda che coloro i quali soffrono di stipsi dovrebbero evitare le verdure che provocano flatulenza.

Interessante il paragrafo 195: “il regime più sano, consigliato soprattutto nelle malattie croniche, è a base di carne di manzo e buon pane di segale o di frumento, latte di mucca e poco burro fresco (ricordiamo che Hahnemann era di origine tedesca e le sue indicazioni si basavano sulla dieta di allora in quella zona) […], occorrerà moderare l’uso del sale. Affine al manzo, per digeribilità, sono il montone, certa selvaggina, le galline e i piccioni. Vietato il maiale e la carne ancora più grassa dell’oca e dell’anatra. […] La sobrietà in ogni cosa, anche nei cibi più innocui, è la regola principale nella terapia di un malato cronico.”.

Hahnemann conclude il paragrafo 195 parlando degli effetti nocivi del tabacco.

Se ci riferiamo ai paragrafi 259, 260 (con una nota molto circostanziata su questi stessi alimenti inadatti ai malati) e 261 dell’Organon Dell’arte di guarire, altro testo fondamentale, Hahnemann parla di ciò che può essere di ostacolo alla guarigione, compresi gli errori nella dieta e nella condotta di vita; utili distrazioni intellettuali e morali innocenti, esercizio attivo all’aria aperta con quasi ogni tipo di stagione, utilizzare cibi e bevande appropriati, privi di effetto medicamentoso (possiamo pensare che Hahnemann prevedesse junk food e soft drinks?...).

Ci tengo a ricordare che “Le Malattie Croniche” furono pubblicate nel 1828 e che la 6^ edizione de “L’Organon” venne scritta nel 1843!

Quindi, anche essendomi “svestito” dei panni dell’Omeopata non ho fatto molto di più che riportare l’alimentazione in un contesto di “cura globale del malato” dove Omeopatia, alimentazione, stili di vita vanno a braccetto. One Health?...

Elementare! Abbastanza elementare anche traslare le considerazioni di Hahnemann nel mondo moderno e vedere quali sono le differenze!

Dunque concludo questo excursus con una riflessione: ma siamo proprio sicuri che tutto quello che pensiamo adesso, in pieno delirio di perfezionismo su ogni aspetto della nostra salute, non fosse già stato pensato da qualcuno che aveva semplicemente osservato accuratamente i pazienti?

Ci sarebbe ancora molto da dire, ma credo che questo sia solo uno spunto.

Per chi avesse la pazienza o il piacere di approfondire (ricordo che la nostra newsletter è una pubblicazione divulgativa, destinata soprattutto a chi non è dell’ambiente omeopatico, ma vuole approfondire in qualche modo) suggeriamo la non facile lettura dei testi originali, tradotti in italiano, ovviamente.

Dr. Paolo Pifferi - NVP LMHI Italia

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