Omeopatia: cenni di storia e definizione
La dottrina omeopatica fu elaborata in modo originale da C. F. S. Hahnemann, un medico tedesco che visse tra il 1755 e il 1843. L’Omeopatia fa parte delle cosiddette “medicine non convenzionali” e si basa sulla somministrazione di rimedi preparati con una specifica farmacopea, che prevede successive “diluizioni” e “dinamizzazioni”.
I farmaci omeopatici possono derivare da sostanze del regno animale, vegetale o minerale e la loro prescrizione avviene per mezzo della cosiddetta “Legge di Similitudine”.
Per la selezione di uno specifico farmaco omeopatico, nonché per la diagnosi differenziale tra i differenti rimedi, l’Omeopata deve studiare in modo più che approfondito i sintomi caratteristici riportati dal Paziente.
Trattandosi di concetti complessi, ogni singolo argomento di quelli citati verrà sviluppato in modo dettagliato nelle future puntate di questo Blog e il presente testo ha un primo scopo puramente introduttivo.
L’Omeopatia si pone l’obiettivo di curare il malato e, conseguentemente, la sua malattia. Dal momento che esiste la “medicina per il malato” e non la “medicina per la malattia”, spesso pazienti con il medesimo problema richiedono rimedi omeopatici differenti.
Il testo “Organon dell’arte del guarire” racchiude l’intera metodologia omeopatica; fu scritto dallo stesso Hahnemann e da lui rivisto e perfezionato più volte durante la propria vita professionale. In questo testo si legge che il medico “sceglie un medicamento che agisce sulla totalità dei sintomi, con riguardo alla causa di insorgenza, alle circostanze concomitanti, che si trovano nel malato, rimuovendo presto, radicalmente e stabilmente lo stato patologico” (C. F. S. Hahnemann, “Organon dell’arte del guarire”, § 24- 25-26-53-54).
F. S. Hahnemann visse agli inizi del XIX secolo, epoca in cui la malaria era endemica e veniva trattata con la corteccia di china: Hahnemann la assunse direttamente e la fece assumere ai suoi collaboratori. Tutti avvertirono i sintomi di uno stato febbrile simile a quello che la corteccia di china cura e così, per deduzione formale, enunciò per la prima volta il principio della “Legge della Similitudine” su cui si basa l’intera medicina omeopatica: “il simile cura il simile” (“Similia Similibus Curantur”).
Nel tempo, Hahnemann impostò dei metodi di sperimentazione per confermare l’efficacia del rimedio usato secondo il principio omeopatico: dedusse così che la sostanza da selezionare per la cura di una patologia è quella che, quando sperimentata su esseri umani sani, sviluppa gli stessi sintomi della malattia naturale, in modo reversibile.
Egli scoprì infine che con i rimedi “potentizzati” (cioè trattati con una serie di successive diluizioni ed agitazioni standard) non solo si riducevano gli effetti tossici prodotti dagli alti dosaggi, ma, paradossalmente, se ne potenziavano gli effetti terapeutici.
Tutt’ora gli Omeopati in tutto il mondo organizzano in modo rigoroso dei cosiddetti “proving” (sperimentazioni), in cui soggetti volontari sani assumono un determinato rimedio e ne valutano l’espressione sintomatologica.
E’ stato enunciato che l’Omeopatia con “la ricerca della totalità dei sintomi più caratteristici coglie la situazione genetica, immunitaria, endocrina, emozionale, comportamentale, cronobiologica, biofisica-recettoriale di ogni individuo e, unica nell’atto clinico medico, riconosce ciò di cui ha veramente bisogno il paziente” (L. Gasparini, “Studio di Materia medica omeopatica”, Salus Infirmorum 2017). Pertanto, la medicina omeopatica si inquadra come medicina della complessità, in cui lo studio delle dinamiche di patologia si effettua mediante l’analisi attenta dei sintomi caratteristici riportati dal Paziente.
Ad oggi non è ancora stato definito con esattezza il funzionamento del medicinale omeopatico e nuove conferme sono attese. Tuttavia, esistono già evidenze solide in Letteratura a sostegno dell’efficacia clinica del farmaco omeopatico e le teorie riguardanti le basi di farmacocinetica e farmacodinamica del farmaco omeopatico stesso sono in costante aumento. Quello che è nato nell’800 come metodo basato su osservazioni empiriche, quindi, è oggi analizzato in modo scientifico e sistematico in base alle conoscenze più attuali. Non è corretto affermare che l’effetto dell’Omeopatia sia dato unicamente da un “effetto placebo”, né che si somministri al Paziente dell’”acqua fresca”.
Testo: dott. Vincenzo Falabella, Medico chirurgo, specialista in O.R.L. e Patologia cervico-facciale, specialista in Psichiatria, esperto in Omeopatia, Segretario nazionale FIAMO